Non è colpa nostra se ci ritroviamo un cervello complicato che procede per tentativi di prova ed errore, frutto di anni di evoluzione, molto influenzato dalle predisposizioni genetiche, condizionato dalle esperienze della nostra storia di vita e molto condizionato dall'ambiente sociale ed emotivo in cui siamo stati cresciuti.
Tutto questo non lo abbiamo scelto tuttavia implica il fatto che molti dei meccanismi, che poi ci portano a sviluppare sofferenze emotive, in realtà non dipendano da una nostra scelta.
Il percorso evolutivo del cervello umano

L'Evoluzione non è una Designer molto esperta e, in sostanza, il nostro cervello non è così raffinato e perfetto come siamo portati a credere ma è comunque meraviglioso e potente e possiamo imparare a conoscerlo e a conoscerci per capire come superare eventuali ostacoli prodotti da una comunicazione non sempre armonica tra le diverse parti del nostro cervello, quelle più arcaiche (cervello rettiliano e limbico) e le strutture cognitive superiori della neocorteccia.

Come la gazzella
Conosci la storia, che racconto sempre, della gazzella e del leone?
Forse l'hai già letta nell'articolo precedente, riguardo come i nostri bisogni personali generano le emozioni umane.
Ebbene la gazzella sente un rumore provenire da un cespuglio e il suo cervello (parte arcaica) attiva istintivamente lo schema della minaccia, dunque la gazzella scappa. Il pericolo che attiva lo schema è ovviamente quello di essere mangiati. Nel momento in cui però la gazzella non vede alcun leone nei paraggi, smette di correre e il suo cervello è perfettamente in grado di abbassare il livello di attivazione – l'ANSIA diminuisce fino a scomparire – ristabilendo uno stato di calma fisiologica.
Il cervello della gazzella è privo di neocorteccia, noi essere umani invece ce l'abbiamo e, benché non siamo esposti a situazioni di minaccia di morte da parte di animali feroci e affamati, lo schema della minaccia si attiva comunque in risposta a uno stimolo che percepiamo minaccioso, la parte di cervello coinvolta in questo processo è quella più arcaica.

Inoltre, in situazioni che percepiamo minacciose, in cui cioè non ci sentiamo al sicuro, continuiamo a volte a percepire un pericolo anche quando verifichiamo che lo stimolo che ha attivato lo schema della minaccia svanisce. In sostanza, l'essere umano, a volte, non riesce a ristabilire uno stato di calma fisiologica nonostante lo stimolo reale sia svanito (rumore/leone). Il motivo è che la nostra mente produce pensieri (qui entra in gioco la neocorteccia), non è colpa nostra, la mente è fatta così, è normale, genera catene di pensieri sopra ogni cosa ma se i pensieri sono negativi, dannosi, bizzarri o esagerati, dovrei lasciarli andare via e invece, proprio perché mi spaventano ci resto “agganciat*”, come un pesce all'amo; attraverso questi pensieri manteniamo e alimentiamo lo stato di minaccia e quindi di attivazione – ANSIA – questi pensieri riattivano il cervello arcaico così come un rumore dietro ai cespugli.
Torniamo un attimo alla metafora della gazzella, immaginiamo che se avessi sentito io un rumore da dietro un cespuglio, avrei subito iniziato a correre (cervello rettiliano) e nel momento in cui mi fossi accort* del falso allarme la mia neocorteccia avrebbe potuto generare pensieri come: “Sicuramente il leone è ancora nascosto da qualche parte”, “Forse è dietro, sopra o dentro di me...”, “Come sono sfortunata...”, “Ma perché a me?”, “Questa è la fine, me lo sento” ecc..
Quindi il nostro cervello, a volte, si “incastra” e la parte arcaica, istintiva, non comunica armonicamente con la neocorteccia e viceversa.
Come possiamo fare?
Possiamo intervenire imparando a regolare pensieri ed emozioni, attraverso alcuni strumenti da usare nel quotidiano associati, eventualmente alla psicoterapia ( leggi l'articolo dedicato alla figura del Psicoterapeuta).
Vorrei soffermarmi, in questo articolo, su un approccio terapeutico che vorrebbe diventare un approccio alla vita, approccio basato sulla compassione, ovvero come la capacità di sviluppare e utilizzare questa risorsa possa diventare di estrema importanza nell'obiettivo del ben-essere, grazie al suo effetto intrinsecamente regolatore delle emozioni nell'essere umano.
Scopriamo cos'è la compassione
La compassione (dal latino cum patior - soffro con - e dal greco συμπἀθεια , sym patheia - "simpatia", provare emozioni con..) è un sentimento per il quale un individuo percepisce emozionalmente la sofferenza altrui desiderando di alleviarla.[1]
Il concetto di compassione richiama quello di empatia dal greco εμπαθεια (empateia, composta da en-, "dentro", e pathos, "affezione o sentimento"),[2] che veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione soggettiva che legava lo spettatore del teatro greco antico all'attore recitante ed anche l'immedesimazione che esso aveva con il personaggio che interpretava.
Nelle scienze umane, il termine empatia è passato a designare un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di comprensione dell'altro, escludendo ogni attitudine istintiva affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale.[3]
La compassione è una carezza, un abbraccio.

"La compassione è il coraggio di calarsi nella realtà dell'esperienza umana" [4]
La compassione è una particolare sensibilità alla sofferenza propria e de* altr*, unita ad un forte desiderio e impegno ad alleviarla. La compassione non è un'emozione bensì una motivazione.
La nostra mente è organizzata da motivazioni e bisogni: scegliere una motivazione piuttosto che un'altra orienta la nostra attenzione e organizza i nostri comportamenti; attivare la motivazione compassionevole corrisponde all'attivazione di uno specifico pattern neurofisiologico di regolazione emotiva.
Vi invito all'ascolto di un audio realizzato appositamente per comprendere questi concetti, l'audio rappresenta uno strumento di regolazione delle emozioni, disattivando così lo schema della minaccia, per permetterci di toglierci l'amo dalla bocca o meglio non abboccare proprio, scegliendo di nutrirci di pensieri positivi, utili. Se non riusciamo a lasciare andare pensieri negativi e dannosi c'è qualcosa che ostacola, dobbiamo capire cosa sia. Facciamoci aiutare.
Ascolta la traccia audioRespiro calmante
Note
- 1. Luigi Volpicelli, Lessico delle scienze dell'educazione, ed. Vallardi 1978, p.191
- 2. Cf. empatia in Treccani.it.
- 3. Antonio Bellingreri Per una pedagogia dell'empatia,Vita e Pensiero, 2005
- 4. Paul Gilbert, Compassion Focused Therapy CFT (o Terapia Focalizzata sulla Compassione)
Fonte immagini
- www.vicini.to.it
- Adriano Mescia, Londra, designer
Dott.ssa Jessica Lamanna
Psicologa, Psicoterapeuta