Dott.ssa Jessica Lamanna

Guerra in Ucraina

Consigli su come parlare della guerra a bambini e adolescenti.

Il tempo dell'incertezza non è ancora finito.

Avevamo appena iniziato a pensare all'uscita dalla pandemia, non che ci illudessimo che il virus non esistesse più, certamente no, avevamo cautamente solo iniziato a pensare a come riprenderci il nostro equilibrio, ecco giunta un'altra minaccia. La guerra.
Questo lungo periodo di continua esposizione a emergenze collettive può provocare in anziani, adulti, adolescenti e bambini, vissuti e sensazioni di impotenza, confusione, angoscia e perdite di speranza per il futuro. Ora più che mai abbiamo il dovere di volgere la nostra attenzione alla promozione del benessere psicologico, anche dei più piccoli.
Colpisce come i bambini reagiscano a questo evento, ancora affaticati dalla pandemia Covid19, come tutti in tutto il mondo. Con questa mia riflessione vorrei dedicarmi proprio ai più piccoli e agli adolescenti, nostri figli, allievi, pazienti, parenti, amici.
Vorrei riflettere con tutta la comunità-rete intorno a loro.

Viso di bambino dell'Europa dell'est, dall'espressione profonda, con occhi azzurri e una luce drammatica

Avevo già discusso, nelle mie newsletter precedenti, su quanto la pandemia ci avesse costretto a pensare, a fermarci, a fare i conti con il nostro pilota automatico che tende invece a evitare gli spazi del pensiero, che ci spinge inevitabilmente a rifugiarci nel fare, nella prestazione.
Dunque abbiamo imparato che sia cosa buona e giusta non evitare gli spazi del pensiero, delle emozioni e delle relazioni, abbiamo imparato a fare attenzione a non rifugiarci sempre nel fare senza neanche esserne consapevoli. Quindi creiamo insieme questo spazio, adesso, nella nostra mente, a casa, a scuola, al parco e in strada, con loro, i bambini e gli adolescenti. Uno spazio di equilibrio e ordine fra pensieri, emozioni e comportamenti.
Osserviamo una fragilità negli adulti che sembra ostacolare un potenziale e spontaneo sguardo aperto e calmo, necessario per accogliere e rispondere alle loro domande. Espresse e non. Abbiamo la responsabilità di considerare il rischio che la nostra angoscia di adulti inibisca le loro domande.
Sono psicoterapeuta e ho responsabilità nei confronti dei miei pazienti, ai quali propongo questo spazio, sempre libero dal giudizio e sereno. Sono anche un essere umano, come chiunque stia leggendo, sono anche genitore di due bimbi di 4 e 6 anni e fatico a trovare momenti nella giornata in cui leggere il giornale e poi ritrovare la lucidità e la calma per poter tornare al lavoro, alla quotidianità ma è mio dovere, penso a questo e trovo quell'equilibrio necessario per focalizzarmi, trovo spazi in cui informarmi e confrontarmi con chi è in grado di gestire eventualmente le mie angosce.
Quando voglio e devo esserci per i miei bambini o per i miei pazienti, ci sono: comprendo le mie emozioni spiacevoli, come la paura, l'angoscia, la rabbia ma mi focalizzo su altre priorità: loro.
Mi aiuta pensare anche a come io stessa possa essere utile al popolo ucraino, aderire alle iniziative territoriali, diminuire il consumo di gasolio, gas e luce...
Individuare pensieri positivi, nonostante tutto, può aiutare a non lasciarci andare alle emozioni spiacevoli; per il bene di tutti è necessario imparare a saper stare dentro le emozioni spiacevoli, imparare a saper uscirne "integri" e insegnarlo ai più piccoli.

Allora come si può fare a stare con i nostri bambini e i nostri adolescenti su questo argomento della guerra? Alcuni punti importanti da considerare:

  • 1 Creare e proteggere spazi di dialogo in cui promuovere e rispondere alle loro domande;
  • 2 Comprendere i loro bisogni per esempio: bisogno di espressione, di conoscenza, di comprensione, di sicurezza e di prevedibilità, tenerli a mente, nel tentativo di rassicurarli e di fare ordine quando si risponde loro;
  • 3 Partire da cosa i bambini vogliono sapere, ascoltare e capire le loro domande con un atteggiamento di curiosità e disponibilità, SENZA GIUDICARE;
  • 4 Proteggere i bambini piccoli da immagini e video brutali, da stimoli difficili da capire; questo non vuol dire però negare loro le informazioni, che vanno fornite in modo adeguato all'età e al livello di comprensione, non vuol dire suggerire di non pensarci o negare le loro paure e altre emozioni come la curiosità. I bambini che non ricevono risposte o non fanno domande tendono a farsi un'idea propria che di solito è peggiore, più angosciante ed errata rispetto alla realtà;
  • 5 Non serve dare la propria opinione personale ma è importante chiedere la loro "Che idea ti sei fatt*?"; accettare e rispettare la neutralità espressa, per esempio se rispondono "Non lo so", si dichiara la disponibilità a parlarne e si aspetta fiduciosi; accogliere con calma e pazienza eventuali eccessive richieste di discussione, i bambini restano su alcuni temi, alcune fiabe, alcuni libri, alcune emozioni perché li attivano, li stimolano e a volte faticano a integrare e memorizzare le informazioni; ripetere le risposte e aiutarli a integrare le loro emozioni ai pensieri;
  • 6 L'aspetto centrale è il clima emotivo non il contenuto[1]: spronarli a sentirsi liberi di esprimersi e di fare domande, fornire risposte vere (sempre adeguate all'età e al livello di comprensione – verificare cos'hanno capito, chiedendolo), coerenti, senza enfatizzare né minimizzare i fatti;
  • 7 L'adulto non deve sapere la risposta esatta, conta l'autenticità, se non si conoscono le risposte, lo si dichiara e ci si informa, magari insieme, mostrando le vie più sagge e opportune per apprendere i fatti per come sono;
  • 8 L'obiettivo è essere in grado di poter stare CON la tristezza dei bambini CON le loro preoccupazioni, vogliamo aiutarli a regolare queste emozioni, evitando così che diventino vissuti emotivi complessi, profondi e più difficili da gestire;
  • 9 Osservare i loro comportamenti, eventuali comparse di mal di pancia, difficoltà scolastiche, non giudichiamoli, aiutiamoli a comprendere le loro emozioni e i loro bisogni;
  • 10 La vicinanza fisica è di supporto alla vicinanza affettiva, sempre, naturalmente di grande aiuto su temi così complessi.

É meravigliosa la diversità dei loro approcci, delle loro modalità di esprimersi, ogni bambino, ogni adolescente è unico e speciale. Per aiutare chi fatica a esprimersi con le parole, si potrebbe suggerire, per esempio di disegnare, sempre all'interno del famoso spazio, di cui sopra. Tradurre il linguaggio in simboli permette di esprimere anche le loro emozioni, oltre che i loro pensieri e magari anche i loro bisogni. Possiamo anche provare a rilanciare cosa viene affrontato a scuola, partendo da cosa hanno fatto con gli altri bambini e con gli insegnanti.
Molto spesso i bambini e gli adolescenti non si esprimono perché temono di angosciare gli adulti di riferimento con i loro stati d'animo, i loro sentimenti, quindi evitano di aprirsi, pensando così di evitare il rischio di amplificare le proprie preoccupazioni, oppure possono tendere ad accudire loro gli adulti di riferimento.
Raggiungere i minori là dove sono e come sono è un dovere di ciascun adulto che rappresenta la rete educativa nella società, al di là della propria professione.
L'adulto è in grado di poter contenere ciò che esprime il bambino o l'adolescente, se si pensa di non esserlo, sarebbe opportuno chiedere a un professionista aiuto per recuperare le proprie risorse e competenze.

Alcuni accorgimenti da considerare nel dialogo con gli adolescenti.

gruppo di adolescenti di spalla seduti in spiaggia in un giorno freddo

Con l'adolescenza i bisogni certamente cambiano, cambiano anche le modalità di espressione delle proprie emozioni. Loro tendono a individuare e ricoprire posizioni più teoriche, a volte posizioni oppositive. É sempre importante individuare momenti di disponibilità, dove siano garantiti: il dialogo aperto e libero, un atteggiamento di ascolto delle loro riflessioni, delle loro ragioni, delle loro idee; gli adolescenti hanno forse meno domande da porre rispetto ai più piccoli.
Attenzione a non correre il rischio di giudicare o addirittura squalificare le idee dell'adolescente su temi così delicati (questo vale anche per temi non così delicati). Lasciare uno spazio libero dal giudizio è imprescindibile, uno spazio sicuramente aperto al confronto, alla discussione, alla comprensione della posizione assunta, capire se c'è stata informazione e di che tipo, se le informazioni sono generate dall'idea più seguita sui social, oppure se sono generate da approfondimenti su articoli, sui giornali nazionali, internazionali, se sono basate sui fatti e sugli eventi e non basate su un post sui social e basta.
Con gli adolescenti soprattutto è importante evitare di stimolare o alzare il livello del conflitto, per esempio "C'è la guerra e tu te ne freghi!".
Gli adolescenti trovano le loro modalità per esprimere le proprie preoccupazioni, in una maniera o nell'altra, sarebbe importante creare e proteggere spazi di dialogo in famiglia, per esempio a cena, dentro un clima sereno e privo di giudizio, utopia? Lavoriamo per crearli, tutta la vita, se non ci riusciamo allora individuiamo gli ostacoli e cerchiamo di comprenderli e quindi cerchiamo di intervenire.
Credo che l'obiettivo di tutti sia trovare un equilibrio, nonostante gli stimoli a cui siamo quotidianamente sottoposti, dentro di noi e con gli altri.
Chiediamoci cosa una guerra, dopo due anni di pandemia, solleciti in loro?

Per concludere, ricordiamoci che siamo reduci da due anni di pandemia. Non ci si può aspettare che ritorni tutto come prima, abbiamo bisogno di tempo, rispetto, confronto e comprensione.
Sono emerse le fragilità, le difficoltà già presenti si sono intensificate?
Dare senso e significato alla propria vita e al proprio progetto durante e dopo una pandemia è diverso e quindi anche il senso e il significato che viene attribuito alla scuola cambia. Anche noi adulti dobbiamo fare i conti con il nostro modo di attribuire senso e significato alla vita, alla coppia, alla famiglia, al lavoro, durante e dopo la pandemia.
Tutti abbiamo le risorse interne per gestire i problemi, anche i nostri bambini, anche i nostri adolescenti.
Loro ci guardano. Ci aspettano. Ci chiedono di restare con loro. Cosa insegniamo loro?
Insegniamo a parlare, a esprimersi nel modo in cui preferiscono ma con rispetto per se stessi e per gli altri, assumendosi le proprie responsabilità; insegniamo a nominare le proprie emozioni, esprimere i propri pensieri, insegniamo a sbagliare e a chiedere scusa, insegniamo a sospendere il giudizio e a essere empatici, insegniamo loro a divertirsi ma anche a sopportare le frustrazioni, insegniamo a trovare soluzioni e a proteggersi.
Vogliamo attribuire ruoli di responsabilità ai bambini, ai ragazzi ma prima ancora riflettiamo sulle nostre responsabilità, nei loro confronti nei confronti degli altri, della società.

Se si pensa di avere un problema rispetto a questi temi o che i nostri bimbi o adolescenti esprimano disagi significativi, si consiglia di rivolgersi a un professionista che possa aiutare.

Note

Ritratto di Jessica Lamanna

Dott.ssa Jessica Lamanna

Psicologa, psicoterapeuta e sessuologa clinica attiva sul territorio di Alba (CN)

Responsabile e Referente in Interventi Assistiti con gli Animali (Pet Therapy) riconosciuta dal Centro di Referenza Nazionale IAA

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